La notte è bellissima. D'estate è dolce, malinconica e romantica. D'inverno è severa, algida e talvolta glaciale. Ma la luce della notte (sembra una contraddizione) è sempre magica. Con o senza la luna. E' una luce fatta di riflessi e di bagliori, di luci che tremolano. Di chiarori che l'occhio del ciclista, tornato un po' animale, cerca avidamente per crearsi un orizzonte che di notte non può vedere, ma che gli è indispensabile per tenersi in equilibrio sulla bicicletta.
E che dire dei rumori silenionsi della notte? magari nel bosco: salendo pazientemente nella faggeta amiatina o violando la foresta infinita tra Torniella e Monticiano.
Gli odori poi, almeno per chi vive in città, sono un universo nuovo. Diciamo subito che andare in bicicletta di notte non è pericoloso come generalmente si ritiene: richiede ovviamente certe cautele, che non sono poi troppo diverse da quelle proprie del ciclismo diurno. La scelta del percorso, come sempre è fondamentale: nei tratti veloci, le asperità del terreno vengono viste generalmente più tardi che di giorno, ragion per cui è meglio scartare le strade dissestate.
La discesa in genere richiede un po' di esperienza (ma vale anche di giorno): il ciclista si tiene infatti in equilibrio orizzontandosi con la percezione di tutta una serie di elementi visivi laterali, che di notte non sono visibili. In discesa, specie nei tornanti (ma anche nelle salite ripide), il meno esperto potrà sentirsi a disagio, accusando la sensazione di perdere l'equilibrio.
E' indispensabile inoltre indossare idonei d.p.i. (dotazioni di protezione individuale), primo fra tutti il gilet catarifrangente: va benissimo quello obbligatorio in auto. Bracciali catarifrangenti sono utili per rendere visibile il braccio, quando si indicano cambi di direzione.
L'abbigliamento dovrà considerare il clima notturno che, specie nelle campagne interne, può essere piacevolmente fresco e talvolta assai umido. Utile infine un fanale sul casco, che aiuta il principiante nei tratti curvilinei, non adeguatamente illuminati con il faro fissato sul manubrio.
Il ciclista adeguatamente visibile viene intercettato dalle automobili con largo anticipo (attenzione ai tratti dove però le curve impediscono la visibilità in linea): gli automobilisti, forse per lo stupore di trovarsi davanti un raro esemplare di ciclista notturno, forse per la segreta e inconfessata ammirazione, si tengono assai lontani e accordano spazi di sicurezza e di manovra che i ciclisti diurni neppure si sognano: provare per credere!.
Dimenticavo: di notte è tutto chiuso, in partenza bisognerà pensare anche alle scorte alimentari. E servono gli occhiali: chiari, ma servono.
Non andare le prime volte di notte da solo: quello sopra è l'abc del ciclismo notturno; i trucchi e le regole del diveritmento e della sicurezza sono un'altra cosa e si imparano, come tutto nel ciclismo, per trasmissione esperienzale. Se vuoi provare con noi a pedalare di notte, contattaci: ovviamente è gratis.
Ti basterà l'attrezzatura, l'idoneità medico-sportiva, e una sufficiente forma fisica, quale - grossomodo - quella richiesta da un lungo di una granfondo cicloturistica. Organizziamo qualche breve uscita di prova e vediamo. Poi, magari, potrai unirti al nostro grande classico nottruno, che è la Testini Classic: la Paganico-Siena-Paganico tutta di notte, con arrivo in piazza del Campo (presa per la tremenda salita della Stradebianche) e rientro alle prime luci dell'alba, in tempo per una colazione che ...non dimenticherai facilmente.
Qualche volta, però, piove.
Di sicuro, dopo aver letto la parte sul ciclismo notturno, ogni ciclista che ancora non l'aveva provato, arde adesso dal desiderio di fare un'uscita di notte.
Non sarà alrettanto facile spiegare il fascino di pedalare sotto la pioggia...
Prendiamola dal versante tecnico: un ciclista deve sapersela cavare, se all'improvviso gli piove addoso. Ci sono, è vero, le previsioni del tempo e sono ormai accuratissime e affidabili. Tuttavia capitano quei giorni (non sono pochi) in cui ci sono chance di chiudere il giro asciutti, così come però c'è il rischio di bagnarsi. E sarebbe un peccato rinunciare a priori all'uscita quel giorno.
Non solo: in montagna - che il paradiso del ciclista - ci sono i temporali termici: succede che la più bella mattina di sempre sia chiusa, intorno alle due, da un temporale non di rado esplosivo. Magari uno ha fatto tardi e non è rientrato quando voleva. E si becca il temporale.
Pedalare in sicurezza sul bagnato è possibile, come è possibile trovarci pure soddisfazione: una sferzata estiva di acqua gelida che picchia sul ciclista è talvolta un autentico toccasana che lo rimette al mondo e gli ridà la carica (anche se è indubbio che la carica, quelal vera, la dà il temporale che ti insegue, non quello che ti prende).
Il capitolo fondamentale è quello dell'abbigliamento, che muta secondo che l'uscita sia programmata sotto la pioggia o che la pioggia arrivi imprevista. Nel primo caso, serviranno indumenti adatti (ce ne sono di assolutamente impermeabili, eppur traspiranti: rientri a casa asciutto che è una meraviglia); nel secondo, risolutivo sarà lo spolverino (che potrà sostituire nella tasca posteriore il gilet antivento,
servendo e per la pioggia, e per la discesa).
Lo spolverino si indossa quando si è capito che il temporale ha intenzioni serie, prima però di essersi bagnati. Indossare lo spolverino da bagnati significa fare la sauna con il vapore della maglia. Nei casi più gravi, gioveranno un copricasco e dei copriscarpa (in emergenza vanno benissimo dei sacchetti di plastica; scomodissimo il cappuccio: limita la visibilità e provoca l'appannamento degli occhiali).
Già con le prime pedalate, ci si accorge che il problema è più spesso l'acqua che si solleva da terra, che non quella che viene dal cielo. Curvando, la ruota anteriore esce dalla proiezione del telaio e lancia l'acqua sollevata con le scolpiture (meglio averne che non) sull'interno della gamba destra o sinistra, secondo il senso della curva. In rettilineo, l'acqua sollevata dalla ruota anteriore finisce sulla pancia del telaio e quasi nulla arriva al ciclista. La ruota posteriore invece solleva permanenetmente l'acqua e la scarica sulla schiena, bagnando in breve il fondello e la maglia, dove sono le tasche.
Per questo motivo, lo spolverino antipioggia (diversamente da quello da discesa) termina con una specie di coda che copre il fondello. Esistono piccoli parafanghi da applicare al telaio, che risultano efficacissimi: sono indispensabili se si ha in programma una lunga percorrenza sotto la pioggia.
I consigli di guida sono invece essenzialmente relativi alla discesa, dove il ciclista sconterà il perverso combinato di una minore aderenza del pneumatico al suolo e di una minore efficacia dei freni tradizionali, specialmente con le ruote in carbonio. In piano non sarà facile stare in formazione, perché chi segue è costantemente irrorato con l'accqua solelvata da chi precede.
Dopo l'uscita bagnata è indispensabile curare la manutenzione della bici: l'acqua scioglie il grasso che lubrifica la trasmissione e lascia sugli ingranaggi le impurità della strada. Particolare attenzione ai pattini dei freni, dove talvolta si incuneano detriti che vanno eliminati con cura per evitare che, restando sui pattini, finiscano per incidere il cerchio.